SPECIALE : “SAN MARTINO”: Origini, leggende e tradizioni gastronomiche.
a cura della redazione : Aristodemo Pellegrino (origini della tradizione) – Cosimo Miglietta (ricerca materiale) – Luigi Sances (sapori, tradizioni e leggende) – Annamaria MELE (ricette).
San Martino: le origini della festa


S. Dorffmeister, S. Martino in gloria, 1791
La grande cesura
Transizioni, sovrapposizioni, assimilazioni, stratificazioni. Interessante seguire il filo della Storia. Analizzare quanto accade con lo scorrere del tempo e delle epoche. Basti pensare ai tanti processi originatisi durante l’Impero Romano che giungono a compimento durante il medioevo. Una delle grandi cesure della storia è rappresentata dalla nascita e dalla diffusione del cristianesimo, che ha prodotto cambiamenti sociali e di pensiero. Bisogna anche tener presente come l’incontro tra differenti popolazioni abbia favorito la fusione di riti, culti e tradizioni. Il passaggio da una visione politeistica del mondo ad una visione monoteistica però non si è mai completata del tutto. Se è vero che la nuova religione cristiana ha proposto l’idea di un unico Dio, ben presto ha dovuto accogliere in seno alla propria dottrina il culto riservato a figure minori che potevano però intercedere con l’Altissimo. Sono nati così i culti dei Santi diventati poi modelli cui ispirarsi, cui rivolgersi, a cui affidarsi. Questo fiorire di figure è assimilabile a quanto accaduto con le tante divinità dei tempi pagani, ognuna delle quali aveva un suo dominio specifico. Anche i Santi finiranno per essere associati a luoghi, mestieri, corporazioni e attività diverse. Questi sviluppi permettono alla Chiesa di inglobare al suo interno, attraverso processi di cristianizzazione, tante manifestazioni di origine pagana che risultano ben radicate e difficili da estirpare. Molte erano, ad esempio, le celebrazioni di vari popoli legate ai cicli naturali e ai ritmi della natura durante le quali venivano offerte alle divinità i frutti del raccolto.
Samhain
Uno dei momenti più importanti dell’anno agricolo era Samhain, spesso indicato come il Capodanno dei Celti. Ma più che una data, in realtà, rappresenta il momento di passaggio al periodo più buio dell’anno. Tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre veniva celebrata la conclusione del ciclo produttivo e la preparazione del terreno per l’inverno. Venivano ritualizzati la raccolta, l’immagazzinamento e la redistribuzione del cibo che permettevano di affrontare i lunghi mesi invernali. Condividere tutto questo era fondamentale per la sopravvivenza. A tutto ciò, inoltre, si sovrapponevano anche altri significati e tradizioni: dal culto degli antenati a quello dei morti; dalla caduta delle barriere tra i mondi terreni e quelli ultraterreni sino a cerimonie di propiziazione e fecondazione. In questo contesto rientravano anche riti connessi al fuoco e al sacrificio di animali, in particolare bovidi e cervidi, ma anche maiali.

La cristianizzazione
La Chiesa, non riuscendo a debellare tutte queste tradizioni, vi ha sovrapposto il culto cristiano attraverso la figura di uno tra i santi più amati già del medioevo. In questo modo molte usanze di ascendenza precristiana hanno perdurato nel corso dei secoli e sono confluite nelle celebrazioni in onore di san Martino. Questa festa ha continuato dunque a rappresentare una sorta di Capodanno contadino caratterizzato dall’abbondante consumo di cibo e bevande, immediatamente prima del periodo di penitenza e digiuno antecedente al Natale. Anticamente infatti il 12 novembre prendeva avvio il tempo della “Quaresima di san Martino”. L’inizio dell’autunno segnava una pausa dalle attività agricole e la festa era favorita anche dal clima più mite che caratterizza queste giornate, note appunto come l’estate di San Martino, che secondo la tradizione sarebbe stata un dono di Dio in risposta al celeberrimo gesto di carità da parte del futuro vescovo di Tours. A fornire man forte ai festeggiamenti vi era anche la necessità di terminare il vino vecchio per pulire le botti e prepararle ad accogliere la nuova annata. Era anche l’occasione per iniziare a bere il vino novello. L’atmosfera festosa sfociava in tratti carnevaleschi. Questo spirito è egregiamente rappresentato da Pieter Bruegel il Vecchio nel suo dipinto “Il Vino di San Martino”.

Una stratificazione che racchiude infinite storie che trovano eco nella tradizione moderna che celebra la generosità di un santo che viene celebrato dall’Ungheria alla Francia sino alla Scandinavia. Una festa le cui origini affondano nelle radici mitiche e agricole più remote di popoli solo in apparenza distanti.
“San Martino in Salento: una festa di sapori e tradizioni“
In Salento, San Martino è sinonimo di convivialità e di sapori autentici. Le tavole imbandite pullulano di prelibatezze locali: dalla succulenta carne arrostita, come la salsiccia e i turcinieddhri, ai piatti più umili come le rape stufate o “nfucate“. Non mancano le frittelle di pasta lievitata, le pittule, un classico dell’antipasto salentino; le pittule si preparano a San Martino così come per l’Immacolata, la vigilia di Natale e per Capodanno, insomma nei momenti festivi e di grande convivialità familiare. E le caldarroste, un comfort food per eccellenza. Il tutto innaffiato dal “mieru”, il vino novello locale, un nettare giovane e fragrante che completa alla perfezione il pasto. La festa di San Martino è un’occasione per riunirsi con amici e familiari, riscoprire antiche tradizioni e gustare i frutti della terra”.
Le ricette di Annamaria MELE
Per le ricette per la cena di San Martino abbiamo interpellato Annamaria MELE, una grande appassionata di cucina e bravissima cuciniera. Lei ci ha fornito queste semplicissime ma gustosissime ricette:
San Martino è un momento di condivisione e convivialità, un’occasione per ringraziare la natura per i suoi doni e per rafforzare i legami familiari ed i rapporti di amicizia. È una festa che coinvolge tutte le generazioni, tramandando di padre in figlio tradizioni e ricette che si perdono nella notte dei tempi.
Generalmente – dice Annamaria – si preparano salsicce, gnummareddhi, capocollo, bombette, alla brace accompagnate con le verdure cotte. Non mancheranno, sicuramente le pittule tutto da celebrare con il vino “Novello”. Vi descrivo una ricetta che faccio spesso e che per i miei familiari risulta molto gustosa.
Salsiccia e rape:

– tagliare a tocchetti la SALSICCIA e soffriggerla con un pò d’OLIO, AGLIO e PEPERONCINO ( secco o verde);
– sfumarla col VINO bianco (magari una “verdeca”) fino ad evaporazione;
– aggiungere le cime di RAPE precedentemente sbollentate.
Spegnere a cottura ultimata. È un piatto che si può preparare anche qualche ora prima.
Sempre in tema di SALSICCIA, una seconda interessante ricetta:
Salsiccia e basilico
Soffriggere nell’OLIO l’AGLIO, aggiungere i POMODORINI (ciliegini), PEPERONCINO in polvere, un pizzico di SALE e ORIGANO q b.
A cottura ultimata, si aggiunge la SALSICCIA grigliata. Adagiare il tutto su un piatto di portata e distribuire foglie di BASILICO.
San Martino ed il vino…(le tradizioni e leggende che legano la ricorrenza del Santo al vino)

Si dice che San Martino, durante un freddo inverno, abbia diviso il suo mantello con un mendicante. Da quel giorno, la temperatura si alzò improvvisamente, dando vita all’Estate di San Martino. Questo miracoloso evento segnò anche la fine della fermentazione del mosto, che si trasformò in vino. La tradizione ci tramanda il famoso proverbio: “a San Martino ogni mosto diventa vino”, in quanto il mosto avendo terminato la fase di fermentazione può essere finalmente svinato. Da allora, l’11 novembre, giorno della ricorrenza di San Martino, è diventato il giorno dedicato alla celebrazione del vino e non a caso San Martino è il protettore dei viticoltori, dei vendemmiatori e dei sommelier e simbolo di generosità e solidarietà. Ma a S. Martino è legata la celebrazione del vino novello e ciò è spiegato da una pertinente leggenda popolare: “Si narra che gli fu donata una grossa quantità di uva e che, per non farla rovinare, Martino la chiuse ermeticamente intatta dentro una grande botte. Al momento del “Pallio” (giorno in cui Martino divenne vescovo) (era un 11 novembre), Martino aprì la botte, ma l’uva aveva già iniziato a fermentare; venne quindi subito pigiata e il suo nettare prontamente distribuito. Il vino ottenuto era particolarmente delizioso e fruttato, tanto da invogliare anche Martino ad assaggiarlo; era così nato il primo “Vino Novello”.(A. CALO’ e L. Bertoldi Lenoci, “Accademia Italiana della vite e del vino – Storia regionale della vite e del vino – le Puglie”- Martina Franca (TA), 2010- p.657.
La tradizione ci tramanda il famoso proverbio: “a San Martino ogni mosto diventa vino”, in quanto il mosto avendo terminato la fase di fermentazione può essere finalmente svinato.
La coincidenza temporale della ricorrenza dell’11 novembre con le attività in cantina conseguenti, in generale, al termine della fase della fermentazione dei mosti, ha certamente influito nel tramandare fino ad oggi la tradizione contadina. Ma vi è altro che lega San Martino al vino.

La carità di Amiens– autore Jean-Victor Schnetz anno 1824
Una simpatica nota di colore.
Tra le credenze popolari legate a San Martino, c’è un lato più insolito: il santo è associato anche alla figura del “protettore dei traditi” o meglio dei “cornuti”. Sebbene non ci sia un legame diretto tra la vita del santo e questa tradizione, alcune spiegazioni popolari hanno cercato di chiarire il motivo. Una teoria collega il simbolo delle “corna” alla data dell’11 novembre, che richiama per alcuni il numero 11, il quale simboleggia nella Kabbalah termini come “calunnia” e “insolenza”. Un’altra ipotesi risale alle antiche fiere di bestiame che si tenevano in quel periodo: animali cornuti come tori e capre abbondavano e i proverbi popolari hanno associato questo evento al concetto di “cornuti”. Infine, si racconta di una leggenda secondo cui San Martino avrebbe avuto una sorella nota per i suoi numerosi amanti, un fatto che avrebbe reso il santo un protettore, anche involontario, dei mariti traditi.
Un’altra antica leggenda narra:
“Inseguito da nemici, San Martino cercò ricovero nella casa di un contadino. Questo buonuomo, non avendo dove meglio, lo fece nascondere in una botte vuota. Arrivati gli sbirri lo cercarono anche in cantina: ma trovarono che tutte le botti vuote da tanti anni, erano piene. Peggio per le botti! Bevvero, bevvero tanto che caddero briachi fradici e il Santo, senza molestia alcuna poté andare per i fatti suoi. Ecco perché, a San Martino, è protettore del vino, e nel dì della sua festa si spillano le botti” (G. Finamore, “Credenze, usi e costumi abruzzesi”- Bologna, Forni 1965 (ristampa anast. dell’edizione del 1890)pp.185-186.
Buon San Martino !
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