TUTTI GRATI A … “SANTU PATI”

Febbraio 3, 2025
di Luigi Sances

Tiggiano in festa: Sant’Ippazio e il Capodanno contadino tra fede e tradizione.

Santu Pati è il nome affettuoso con cui i salentini chiamano Sant’Ippazio il patrono di Tiggiano, un incantevole borgo nel cuore del Capo di Leuca. Da secoli, la comunità locale celebra con profonda devozione questo santo le cui feste si intrecciano indissolubilmente con le antiche tradizioni agricole, dando vita ad una incredibile convergenza di aspetti apparentemente inconciliabili come i culti religiosi ed antichi riti arcaici legati al mondo agricolo ed alla “fertilità”.

I riti religiosi e tradizionali prevedono, solitamente, la celebrazione di Sant’Ippazio il 19 gennaio, mentre nel giorno precedente si preferisce iniziare con la “sagra della pestanaca”. Quest’anno (2025) la festa prevista domenica 19 gennaio è stata rinviata a sabato 25 gennaio a causa di una allerta meteo. D’altra parte la antica sapienza popolare ricorda che “te Santu Pati: o chiuviti  o nivicati” (di Sant’Ippazio o pioggia o neve).

Agiografia e aneddotica di Sant’Ippazio

Sant’Ippazio, fu vescovo di Gangra, in Paflagonia (antica regione costiera dell’Anatolia centro-settentrionale bagnata a nord dal Mar Nero), intorno al III secolo. La sua vita è avvolta in parte dalla leggenda, ma la sua figura è legata a eventi storici importanti.

“Santu Pati lu patrunu  te li scujati

Ippazio partecipò al concilio di Nicea (325 d.C.) , il primo della Chiesa cristiana, dove si discusse e si definì il dogma della Trinità. L’aneddotica riporta di aspre dispute tra i Santi Padri partecipanti al concilio che oltre a “cantarsele” se le “suonavano di santa ragione”. Anche se di incerta attendibilità, documenti attestano che durante una veemente disputa con i seguaci di Ario, il vescovo Ippazio venne colpito con un tremendo calcio nel basso ventre a causa del quale ne fu tormentato per il resto della sua vita causandogli una cronica e dolente ernia inguinale.  Le sue sofferenze fisiche al basso ventre lo fecero eleggere protettore dei genitali maschili e dell’ernia inguinale e, per tal motivo, è onorato devotamente a Tiggiano come Santu Pati lu patrunu  te li scujati.

Sant’Ippazio abbatte il drago delle eresie

Generalmente i Santi bizantini incarnavano ideali di eroismo cristiano che si manifestavano attraverso la fede, il coraggio e la lotta contro il male. Anche Ippazio, vescovo di Gangra, è  asceso al cielo ed è stato consacrato nella schiera dei Santi, di certo non per la sua disavventura inguinale, ma  per la sua incrollabile difesa della dottrina cristiana ortodossa. La sua opposizione alle eresie, in particolare all’arianesimo, fu un esempio di coraggio e di fedeltà alla tradizione. La leggenda del drago, che lo vede vittorioso custode del tesoro imperiale, celebra la sua capacità di proteggere il bene e la sua fermezza nel difendere la fede, fino al martirio avvenuto per mano dei seguaci scismatici di Novaziano. La settecentesca statua lignea situata nella parrocchia di Tiggiano intitolata ritrae, infatti, Sant’Ippazio intento a sottomettere il maligno che viene incarnato da un drago.

Santu Pati… un tipo “tosto”…

C’è chi crede che il legame tra Sant’Ippazio, protettore dai problemi di ernia e quindi dei genitali maschili, e la sua fama di Santo eroe determinato e coraggioso abbia dato origine a espressioni idiomatiche come “è una persona con gli attributi“, per descrivere una persona che dimostra di avere coraggio, determinazione, risolutezza e capacità di affrontare le difficoltà.

Santu Pati e i “paticuja”: un ricordo d’infanzia

Le vicende di “Santu Pati” mi hanno riportato alla mente un ricordo vivido della mia infanzia, quando ogni domenica, dopo la messa, mi riunivo con altri bambini nelle piazzette del mio paese di origine, Alezio, per giocare spensieratamente.

Eravamo “paticuja”, come ci chiamavano affettuosamente mamme e nonne, con le camicie fuori dai pantaloni e l’aria trasandata dopo aver speso tutte le energie nei giochi. Solo ora, grazie a questo racconto, ho compreso il legame tra il nostro aspetto sciatto e l’espressione dialettale “paticuja” o “paticugghia”, un termine che indica anche un modo di vestire disordinato che si riconduce agli “scujati” o “scujriciati” e quindi alla tradizione di Sant’Ippazio che, evidentemente, era alquanto diffusa in tutto Salento.

Le donne ed il culto di Sant’Ippazio

Mediatrici per vocazione, sono le donne  che si fanno custodi della antica devozione a Sant’Ippazio e a farsi da tramite perché il Santo interceda e guarisca i mali degli uomini. Sono loro che, con discrezione, strofinano con un fazzoletto la statua di Sant’Ippazio, lo stesso che passeranno poi sulla parte da guarire dell’uomo di casa interessato.

Sono le mamme che, di sabato, accompagnavano i figli maschi, ancora in fasce, sulla sacra pietra dell’altare parrocchiale per ricevere la benedizione del Santo (la pratica dei “sabbiti”). Le stesse madri che si raccolgono in preghiera insieme al piccolo maschietto di casa, nella chiesa di Sant’Ippazio, per evocarne la benedizione e sempre loro che, in tempi meno recenti, depositavano sull’altare di Sant’Ippazio l’ultimo dente da latte del proprio figlio maschio per invocarne la protezione al momento del passaggio dalla fanciullezza alla preadolescenza, ben augurando, per il proprio figlio, un futuro da uomo risoluto, coraggioso, sano e … fecondo (quest’ultima pratica, poco nota, troverebbe riscontri nel ritrovamento, notato nel corso di risalenti restauri, di numerosi dentini sull’altare di Sant’Ippazio).

Santu Pati: protettore involontario delle lavoratrici e deterrente contro gli abusi

“Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu, ne sciati dhoi e ne turnati quattru”, molti ricorderanno questo inno  salentino che spesso, superficialmente, è stato inteso per indicare una situazione di libertà sessuale nelle campagne. E’ invece un canto di protesta rispetto alle lavoratrici del tabacco che spesso erano oggetto di molestie e di violenze sessuali da parte dei superiori, che, in molti casi, avevano come conseguenza delle indesiderate gravidanze. In questo contesto, una espressione popolare era spesso utilizzata dalle lavoratrici: “llargate o statte ccortu ca te mandu a Santu Pati”, (stai attento che ti mando a Sant’Ippazio) oppure “te dàu nna càusce ca te mandu a Santu Pati, (ti do un calcio che ti mando a Sant’Ippazio). Espressioni colorite dalla funzione “deterrente” rispetto a irrispettosi impeti  maschili nei confronti delle lavoratrici delle campagne e del tabacco che vede Santu Pati come un involontario protettore delle donne da questi abusi.     Espressioni colorite e dal forte valore simbolico, spesso legate alla devozione popolare, che assumevano una funzione di deterrente contro comportamenti irrispettosi e molesti.

In un contesto sociale in cui gli abusi maschili nei confronti delle lavoratrici erano purtroppo una realtà, l’invocazione a Santu Pati, spesso accompagnata da gesti scaramantici, rappresentava un monito e un deterrente contro le attenzioni indesiderate.

Lu “stannardhu”

Uno dei momenti più suggestivi della festa di Sant’Ippazio è l’innalzamento dello “stannardhu(stendardo), un lungo drappo rosso legato ad un’asta di sei metri. Questo rito, carico di simbologia, rappresenta un’invocazione a Sant’Ippazio e un augurio di prosperità per l’anno a venire. Sul sagrato della chiesa, diverse squadre di portatori si contendono l’onore di portare in processione lo stendardo insieme alla statua del santo. Dopo una vivace competizione, accompagnata dal ritmo dei tamburi, lo stendardo viene sollevato e portato in parata, sfiorando il suolo come in un omaggio reverenziale. Il percorso si snoda dalla chiesa del Santo patrono fino alla chiesa dell’Assunta, dove il portatore, con un gesto deciso, issa lo stendardo, assicurando così alla comunità un anno fertile e abbondante. È un momento di grande emozione, salutato dalle campane e dagli applausi dei fedeli, che lungo le strade creano un muro umano per accompagnare la processione. 

 Il rito dell’innalzamento

L’atto di innalzare lo “stannardhu” è un rito carico di significato. Il portatore, scelto tra i partecipanti alla festa, rappresenta la comunità e la sua speranza in un futuro prospero. Il gesto di issare lo stendardo verso il cielo è un’offerta simbolica, un atto di devozione che chiede protezione e benedizione

Lo “sforzo” del portatore per innalzare la lunga asta al cielo è un elemento centrale del rito e se da una parte lo sforzo si congiunge alla protezione del Santo dalle ernie inguinali è anche evidente il Simbolismo fallico dello “stannardhu” con la sua  forma allungata e la sommità sferica che richiama chiaramente la forma del pene, collegandolo direttamente alla sfera di influenza di Sant’Ippazio, protettore della virilità maschile. L’innalzamento dello stannardhu è visto come un atto propiziatorio, un’invocazione alla fertilità della terra e delle persone. Il gesto di issarlo in alto è paragonabile all’atto sessuale, simboleggiando la fecondità e la continuità della vita.  In ultimo, il sollevare lo “stannardhu” richiede forza e coraggio, qualità che vengono associate alla figura di Sant’Ippazio e che vengono invocate dai fedeli per affrontare le sfide della vita.

La pestanaca di Sant’Ippazio

La pestanaca di Sant’Ippazio, nota anche come carota giallo-viola di Tiggiano, è una varietà locale di carota (Daucus carota) coltivata quasi esclusivamente nei territori di Tiggiano, Tricase e Specchia, in provincia di Lecce.

La sua sopravvivenza è dovuta al legame con la devozione popolare verso Sant’Ippazio, Santo protettore della virilità,. La forma della pestanaca, infatti, che può raggiungere dimensioni considerevoli, ha favorito l’associazione con i poteri taumaturgici del santo.

Durante la festa di Sant’Ippazio, è tradizione vendere le pestanache insieme alle giuggiole , la tradizione, sospesa nel tempo, che associa questi due prodotti ad un pegno d’amore, un dono attraverso il quale giovani tiggianesi manifestavano e promettevano amore alle loro donne. La pestanaca di Sant’Ippazio è un prodotto eccellente dal punto di vista organolettico, con un elevato contenuto di fibre e proprietà antiossidanti superiori alle varietà di carota più comuni. Meritoria l’attività della Pro Loco di Tiggiano che ormai da un quarto di secolo organizza la “sagra della pestanaca” nel giorno della vigilia della celebrazione di Santu Pati.

La pestanaca di Sant’Ippazio, assume un significato particolare nel contesto del Capodanno contadino del Capo di Leuca. Questa tradizione, profondamente radicata nella cultura salentina, celebra il passaggio al nuovo anno agrario e il ciclo naturale delle stagioni.

La pestanaca, rappresenta la primizia della terra, il frutto del lavoro nei campi raccolto e benedetto dal Santo Protettore. Mangiare la primizia, durante il Capodanno contadino, assume un valore propiziatorio: si crede che porti fortuna e fertilità per l’anno agricolo appena iniziato.

In un’epoca in cui il mondo moderno sembra aver dimenticato il legame profondo con i cicli naturali, la pestanaca di Sant’Ippazio ci ricorda l’importanza di rispettare i ritmi della terra e di celebrare i suoi frutti. Un momento per riflettere sulla nostra connessione con la natura e per apprezzare il valore delle tradizioni che ci legano al passato.

Santu Pati: un amico confidente per la gente di Tiggiano

Per gli abitanti di Tiggiano, Sant’Ippazio è molto più di un Santo: è un amico, un confidente, un membro della famiglia. La devozione è tale che, un tempo, era tradizione che ogni primogenito maschio dovesse portare il suo nome, un segno tangibile di un legame profondo e radicato.

Eppure, il culto di Sant’Ippazio, con le sue peculiarità e i suoi simboli, si presta anche a qualche battuta e detto popolare. Nota la canzonatura subita dai tiggianesi da parte degli abitanti dei paesi limitrofi: “Li parienti te Santu Pati  ci struppiati e ci malati;  unu nci nd’era buneddhrutenia la cugghia te nnu stuppieddhru” che si traduce in: “I tiggianesi: chi è storpio e chi è malato; uno ce n’era alquanto sano: teneva un pene quanto uno stoppello” (“lu stuppieddhru” o stoppello era una antica misura di capacità anticamente utilizzata per le farine, legumi, granaglie).

Ma questo non ha mai scalfito l’amore della comunità verso il suo Santo protettore. “Santu Pati, patrunu de li paticuj”, lo chiamano con affetto, riconoscendo in lui il protettore dei più deboli e il conforto nei momenti difficili.

La festa di Sant’Ippazio, con le sue tradizioni secolari, è un momento di incontro e di condivisione, un’occasione per celebrare un legame che va oltre il tempo e le mode. Santu Pati, con la sua presenza rassicurante, rimane un simbolo di speranza e di fede per Tiggiano e per l’intero Salento. Un legame che si rinnova ogni anno, tra fede, folklore e l’immancabile “pestanaca“, simbolo di un Capodanno contadino che, nel Capo di Leuca, celebra la terra e i suoi frutti.

Segue intervista al Sindaco di Tiggiano, Giacomo Cazzato a cura di Damiano CIRIOLO

Altri articoli dall'autore Luigi Sances